Freni a a disco su strada: i pro non sembrano poi essere così tanti

Via libera alla sperimentazione nelle corse su strada 2016 dei freni disco sulle biciclette, già a partire dal primo gennaio.
Lo ha dato l’Uci, unione ciclistica internazionale con gli opportuni cambi regolamentari riguardanti telaio e forcelle.
La novità, rispetto al 2015 quando i dischi sono stati testati solamente in due corse World Tour, all’Eneco Tour e alla Vuelta, è un’apertura ai test molto più ampia. Il prossimo anno infatti i dischi potranno essere utilizzati, quando lo riterranno, ovvero in tutte le corse, da squadre World Tour, Professional, Continental e Donne. Il monitoraggio dell’uso dei freni a disco permetterà di avere un’ampia panoramica per un definitivo via libera nel 2017.

disco

Ma quali sono i pro e contro

Fermo restando che l’aggravio di peso di un impianto idraulico a disco rispetto a un tradizionale impianto caliper meccanico è abbastanza trascurabile, non sembra esserci però una netta presa di posizione dei corridori verso l’adozione dei dischi (quanti se ne vedono nelle corse ?). L’unico vantaggio si avrebbe in caso di pioggia, situazione nella quale il disco garantisce la medesima risposta in frenata che si riscontra in condizioni di asciutto. Dal punto di vista squisitamente tecnico, si potrebbero avere ruote un pochino più leggere, perché verrebbe a mancare la pista frenante. Resterebbe tuttavia la gola del cerchio sul quale agganciare i nipples e il bordo per montare lo pneumatico, tubolare o clincher che sia.

Ma i meccanici avrebbero il loro bel daffare, con un set-up delle biciclette più laborioso. Controllo freni, eventuale spurgo, assemblaggio ruote con i rotori voluti da ciascun corridore, rimessaggio bici con lo spessore da inserire tra le pastiglie freno… sono solo alcuni degli accorgimenti cui andrebbero incontro i meccanici. Ma la difficoltà maggiore risiede nell’operazione di cambio-ruota in gara. Se tutti i corridori adottassero le medesime ruote, con rotori di ugual diametro, non si avrebbero complicazioni. Ma è una condizione difficile da garantire, anche in seno al medesimo team. Qualcuno magari vorrà adottare rotori da 140 mm, qualcun’altro da 160 mm o addirittura da 180 mm. Ecco allora sorgere l’incompatibilità tra le pinze, che hanno tangente differente a seconda del diametro disco.

I guai si moltiplicherebbero per le vetture di assistenza di gara, quindi estranee alle squadre, che attualmente dispongono di ruote con corpetto Shimano e Sram oppure Campagnolo per garantire il corretto cambio-ruota. Sarebbe un mezzo macello, perché oltre ai problemi di diametro rotori si sommerebbero quelli di chiusura ruota. Alcuni infatti potrebbero utilizzare il tradizionale sgancio rapido, mentre altri potrebbero adottare il più rigido perno passante.

Vi è poi la questione di un possibile infortunio procurato dai dischi. Non tanto da una caduta di gruppo nelle volate, dove i rotori sono abbastanza protetti dalle ruote e altri sono i corpi contundenti (guarnitura, pedali, leve freno), quanto in una eventuale caduta dopo una lunga discesa, con i dischi arroventati dall’attrito (la temperatura di un rotore supera comodamente i 100°), cosa che procurerebbe dolorose ustioni in caso di accidentale contatto con una qualsiasi parte del corpo.

Da questo quadro emerge che i punti a favore dei dischi non sono poi così tanti. Per risolvere le accennate questioni avverse, occorrerebbe creare uno standard comune e condiviso da tutte le aziende produttrici di telai e componenti, in modo da uniformare le esigenze collettive degli utilizzatori. E questo è probabilmente il compito più difficile che dovrà essere affrontato dall’UCI.

FONTI:
gazzetta.it
tech-cycling.it