Tempo fa avevo pubblicato un articolo che metteva in luce, dati alla mano, le “pecche” delle “classiche” sfr, articolo che poi, assieme ad altre letture, si è rivelato per me la panacea di tutti i mali. Ora ripropongo una nuova lettura sull’argomento, che una volta di più, consolida la mia decisione di aver “rischiato” di togliere dalla mia  preparazione le sfr.

Rischiare? Semplice dite voi: non le fai e basta

Non proprio. Dopo che giornali, manuali, riveste più o meno specializzate, ci hanno bombardato per anni sull’efficacia di questo tipo di esercizio (alzi la mano tra quelli che gareggiano che non ha mai fatto sfr), come si fa a “rischiare” a togliere le sfr dalle nostre tanto amate (odiate) tabelle di allenamento? E poi: le fanno tutti, anche i professionisti, senza considerare che magari i “scarsi”  benefici di un tipo di esercizio, il prof li compensa ampiamente con la mole immane di lavoro a cui si sottopone.

Insomma, teorie consolidate sono difficili da scalfire. Si pensi ad Aristotele, le sue teorie sono state considerate le più autorevoli per quasi un millennio, fino a quando gli strumenti della fisica moderna, come il telescopio, non permisero nel 1600 a Galilei, dati alla mano, di confutarle: Galilei fu considerato un pazzo eretico ed imprigionato.

Ma senza scomodare cotanti scienziati, la stessa situazione si sta riproponendo con le teorie ormai “assodate” di A.Sasso, messe (ancora una volta) in crisi, grazie alla possibilità di rilevare e successivamente analizzare, nuovi dati sperimentali grazie a strumenti di misura sempre più efficaci, quali il misuratore di potenza.

Ma cosa ho cambiato nella costruzione da autodidatta, nel mio personalissimo piano di allenamento? Ho cancellato quello che ormai era diventato l’obbligato mese invernale dedicato alle “classiche” sfr (30-40 rpm eseguite al medio), preferendo una tipologia di esecuzione più specifica, ovvero esecuzione a frequenze di pedalata superiori (tra le 50 e 60 rpm) e a valori di fc di soglia (del resto, quando mai in gara si affronta una salita a 30-40 rpm? Nemmeno se saliamo il Mortirolo!). Certo, l’esercizio è tosto, anzi, molto tosto, ma abbinato a partenze da fermo e aumentando l’intensità complessiva degli allenamenti (stop ai super lunghi ad andature da ciclo-ombre magari a 0°C), i miglioramenti sono stati percettibili. Buona lettura.

1) perché le SFR piacciono parecchio ai ciclisti? Semplicemente perché la loro esecuzione “classica” richiede un intensità relativamente molto semplice da sostenere per tempi di media-breve durata. Seguivo un atleta di buonissimo livello che era fissatissimo con sfr e palestra, abbandonate entrambe per concentrarsi su lavori di intensità e innalzamento capacità aerobiche submassimali, il miglioramento oggettivo (valori W/Kg) sono stati evidenti e sorprendenti.

2) ribadisco il concetto che le SFR inducono un effetto controproducente sulla corretta azione di pedalata perché stravolgono un corretto “schema” (più correttamente pattern) neuromuscolare di attivazione/coordinazione nell’azione di contrazione dei muscoli, angolo di spinta, componenti vettoriali rispetto ad una pedalata a cadenza “normale”.

3) la posizione di Friel in materia è abbastanza cauta (è un coach non un fisiologo). Reputo gerarchicamente superiori e più utili analisi (e non sole indicazioni) oggettive come queste: http://www.aboc.com.au/tips-and-hint…urance-anymore Il valore “forza” è sopravvalutato perché ciò che realmente crea la differenza tra atleti, a parità di Vo2max (discriminante primaria) è l’efficienza di pedalata: questa si raggiunge lavorando sulle capacità di contrazione/coordinazione muscolare (elemento ALTAMENTE sottovalutato), componenti vettoriali utili (tangenziali e non radiali) di spinta, riduzione dei punti morti. Lavorare sull’efficienza aumenta la potenza a parità di dispendio energetico o la potenza a parità di consumo di O2.

Le componenti di miglioramento in tal senso non includono in nessun caso l’applicazione “a compartimento stagno” di allenamenti sulla forza ma sono spesso incentrati sulla capacità di resistenza alla potenza (concetto che implica quindi anche la componente velocità – cadenza). Va rimarcato che la massima forza è inversamente proporzionale alla velocità di contrazione delle fibre (la massima forza è raggiungibile con una contrazione isometrica e/o eccentrica+concentrica: pliometria) ma all’atto pratico questo si scontra col fatto che singole contrazioni muscolari protratte per singola durata aumentano lo stato di affaticamento e diminuiscono l’irrorazione specifica.

Non è un caso che negli ultimi 10 anni (e la farmacologia inizialmente è intervenuta per innalzare la componente aerobica-vedi doping ematico-e non l’anabolismo muscolare) si è assistito ad un innalzamento delle cadenze e una diminuzione lineare con questo andamento dei tempi di scalata= la coppia torcente applicabile da atleti con queste caratteristiche (in primis, % massa magra) raggiunge un limite che può e deve essere compensato con una maggior velocità di contrazione muscolare (genericamente svantaggiosa ma allenabile o, fino a tempi recenti “tamponata” con altri mezzi, vedi sopra).

A parità di aumento di potenza aumenta la capacità di sostenere cadenze superiori. Lo svantaggio risiede quindi in soggetti con valori statisticamente mediamente bassi di potenza/peso. Non è l’atleta che riesce a spingere 2 denti in più o in meno che fa al differenza: è l’atleta che a parità di consumo di ossigeno raggiunge una % di potenza rispetto al valore temporale per quello sforzo inferiore agli altri e/o che riesce a ripeter più picchi/recuperi mantenendo una minima flessione di potenza. Ragionare in termini di rapporti e sola cadenza è troppo limitante.
Come strutturare le varie componenti: secondo i 3 passaggi cronologici di “compartimento” condizionale validi praticamente per ogni sport: la sequenza è velocità-forza-resistenza.

Il che nella pratica, generalizzando, si traduce in:

  • allena la tecnica di pedalata (non sono richieste intensità elevate)
  • allena tecnica con componente di forza (partenza da fermo, in salita)
  • allena la resistenza alla potenza (sui due assi, picco e durata, in funzione dei tuoi punti deboli e/o obiettivi specifici della disciplina)
  • richiama continuamente, e a seconda delle esigenze, tecnica e forza ad intensità “utili”, es richiami in salita a 55-60 rpm ma ad intensità ~85-90% FTP
  • richiama tecnica ad intensità che possono essere anche ad esaurimento (es 3′ in salita a max cadenza sostenibile).

Tratto da BDC Forum – Roberto Massa